https://teatrostabile.umbria.it/spettacolo/chi-ha-paura-di-virginia-woolf/?produzione=1
Who's Afraid of Virginia Woolf?
by Edward Albee
translation Monica Capuani
director Antonio Latella
cast Sonia Bergamasco - Vinicio Marchioni - Ludovico Fededegni - Paola Giannini
dramaturg Linda Dalisi
stage design Annelisa Zaccheria
costume design Graziella Pepe
sound and music design Franco Visioli
light design Simone de Angelis
assistant for the artistic project Brunella Giolivo
volunteer director’s assistant Giulia Odetto
documentary film Lucio Fiorentino
production TSU Teatro Stabile dell’Umbria
special contribution Brunello and Federica Cucinelli Foundation
premiere January 9, 2022 – Teatro Nuovo Gian Carlo Menotti Spoleto
official photographer © Brunella Giolivo
“Chi ha paura di Virginia Woolf?”, la scena e i gatti
“Martha: Ah ah ah AH! Non fate caso al vecchio gattaccio inviperito, lì. Accomodatevi ragazzi… date i cappotti e il resto al gattaccio inviperito.”
Durante la lettura le parole sedimentano in fondo alla nostra memoria e riemergono successivamente con segni, significati e forme che possono essere anche lontani dal senso originale, dal senso reale. E mentre fin da subito mi è venuto naturale accostare Chi ha paura di Virginia Woolf? a No Exit (A porte chiuse) di Jean-Paul Sartre, il “gattaccio inviperito” faceva un’altra strada.
Come in No Exit, i personaggi vivono in una bolla spazio-temporale di una notte all’interno della quale tutto accade e dove tutto si ripete: vivono il proprio inferno. Ho quindi sentito il bisogno di proiettare la loro dimensione infernale in una sorta di limbo costituito da tendaggi alti, altissimi che avessero uno sviluppo epico e tendessero verso un infinito mai raggiungibile mentre al di là di essi vivesse l’altrove onirico del quale, forse ne facciamo parte anche noi come spettatori. L’epos resta in alto, verso un ideale che non vediamo, mentre sulla terra vive il quotidiano, il conformismo e la disperata volontà di elevarsi.
E il “gattaccio inviperito” che fine ha fatto? Come lo Stregatto (il Gatto del Cheshire di Alice nel paese delle meraviglie), è sparito per ricomparire altrove sotto altre forme.
“Alice: Gatto del Cheshire, mi dici per piacere quale strada devo prendere?
Gatto del Cheshire: Dipende più che altro da dove vuoi andare.”
Pochi oggetti sparsi sul fondo di questo limbo sono per me come distillati di Martha e di George, un pianoforte, le lampade, una poltrona, una cassa acustica, un armadio. E alcuni gatti di ceramica… Ecco il gattaccio!
È ricomparso inanimato, lucido e fragile: oggetti ornamentali, fragili appunto e, in quanto oggetti, non vivi. Ma che col tempo dilatato del testo essi diventano spettatori del dramma che consuma Martha e George.
Ecco dunque come una battuta sarcastica riferita a George, si sia trasformata in me in cinque personaggi cristallizzati, testimoni di un inferno dalle pareti di velluto verde.” Annelisa Zaccheria